Petizione AIDLCM 1977
Chest test di leç al è stat preparât par conte de AIDLCM di Adrian Cescje, furlan di Nimis, in cunvigne cul Moviment Friûl, e di Samo Pahor, sloven di Triest, tal an 1977. Al è stât aprovât de sezion pal Friûl-Vignesie Julie de Federazion taliane de AIDLCM par che al sei inviât tant che petizion al Parlament de Republiche cu la firme dal todesc di Plodn/Sapade Max Pachner, dal sloven Samo Pahor di Trst/Triest, e dal furlan Adrian Cescje di Nimis. In seguit il test al devente test di propueste di lec di inviâ al Parlament tant che petizion dai citadins. Le firmaran passe 51.000 citadins tra il 1980 e il 1983.
PER LA TUTELA DELLE MINORANZE LINGUISTICHE DELL’ITALIA NORD-ORIENTALE
TEDESCA SLOVENA E FRIULANA
A.I.D.L.C.Μ.
Associazione intemazionale per la difesa delle lingue e culture minacciate | Comitato federale per le comunità etnicolinguistiche e la cultura regionale in Italia | Comitato per le comunità etnicolinguistiche e per la cultura regionale in Friuli-Venezia Giulia
PREFAZIONE
L’Assemblea del Comitato per le comunità etnico-linguistiche e per la cultura regionale nel Friuli-Venezia Giulia (sezione per il Friuli-Venezia Giulia del Comitato Federale per la Repubblica italiana dell’AIDLCM, Association internazional pour la défense des langues et cultures menacées) ha approvato in data 11 giugno 1977 il presente documento, che intende presentare a tutti gli interessati appartenenti alle minoranze di lingua tedesca, slovena e friulana, alle forze politiche ed ai gruppi culturali che operano nel territorio nord-orientale della Repubblica, nonché ai consiglieri provinciali e regionali, ai parlamentari eletti in queste zone. Questo affinché il documento si possa prestare ad un approfondito dibattito sul problema della tutela delle minoranze suddette e, si auspica, possa essere recepito da chiunque come base di iniziative legislative, sia in sede regionale, che in sede parlamentare.
Il presente documento viene presentato anche conte petizione al Parlamento della Repubblica, firmata da tre rappresentanti deile minoranze linguistiche tedesca slovena e friulana, come atto concreto ed indicativo della volontà da molto tempo e da molte parti manifestata di giungere ad un provvedimento legislativo per l’applicazione dell’articolo 6 della Costituzione.
Il documento inoltre viene sottoscritto dal CIEMEN (Centro internazionale Escarrè sulle minoranze etniche e nazionali), i cui scopi statutari sono quelli
a) di far conoscere meglio la problematica delle minoranze etniche e nazionali;
b) di cooperare al riconoscimento giuridico, politico, sociale e culturale delle medesime.
giugno 1977
Pontafel/Tabljià/Pontebe/Pontebba
MOZIONE
Il Comitato per le comunità etnico-linguistiche e per la cultura regionale nel Friuli-Venezia Giulia, riunito in assemblea straordinaria l’11 giugno 1977 a Udine, ha preso atto che la Costituzione della Repubblica italiana considera minoranze linguistiche tanto le minoranze nazionali tedesca e slovena quanto la nazione friulana, approva la bozza di proposta di legge per la tutela delle minoranze linguistiche dell’Italia nord-orientale tedesca, slovena e friulana presentatagli dalla Segreteria del Comitato dando mandato alla Segreteria di presentarla come petizione ai sensi dell’articolo 50 della Costituzione alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica.
RELAZIONE
La sezione del Friuli-Venezia Giulia dell’ AIDLCM si è decisa a presentare questo documento per tutta una serie di ragioni, alcune delle quali derivano immediatamente dai suoi scopi statutari, che sono quelli di promuovere la conoscenza della situazione delle minoranze linguistiche tedesca, slovena e friulana dell’Italia nord-orientale, al fine di giungere ad una tutela delle stesse conformemente ai principi sanciti dalla Costituzione. Ma ci sono anche altre ragioni, la più importante delle quali è quella che richiama la scadenza dei trenta anni di vita della Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza. La lotta contro il fascismo e l’esperienza politica che l’ha accompagnata sono state prese a fondamento dei principi costituzionali, ed a questo proposito si vuole ricordare la «Dichiarazione dei rappresentanti delle popolazioni alpine» altrimenti conosciuta come carta di Chjvasso, del 19 dicembre 1943, uno dei più significativi ed alti documenti della resistenza, in cui si ribadiva la necessità di riconoscere i fondamentali diritti delle minoranze linguistiche, dopo la vittoria sul fascismo, che quei diritti li aveva brutalmente negati.
La Costituzione ha recepito queste istanze, e nell’art. 6 essa recita: «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche». Purtroppo questo principio ο norma è rimasto in larghissima parte inapplicato. Solamente alcune delle undici minoranze della Repubblica sono state parzialmente tutelate, con provvedimenti diversi ed in definitiva discriminatori, e per ragioni che storicamente non hanno avuto nulla a che fare con l’applicazione della Costituzione. Sono state tutelate, e male, quelle minoranze che per ragioni internazionali il Governo italiano ha dovuto prendere in considerazione. Ma per il modo con cui sono state tutelate, quella francese, quella tedesca della Regione Tren-tino-Alto Adige, quella slovena, basti guardare alla diversità delle norme di tutela fra l’una e l’altra, e basti osservare che gli sloveni della provincia di Trieste e della provincia di Gorizia hanno una qualche tutela, e non ne hanno alcuna quelli della provincia di Udine. E’ triste constatare che i provvedimenti a favore delle minoranze della Repubblica siano stati presi per ragioni esterne, per pressioni di altri governi, e non per motivi di democrazia interna della Repubblica italiana. A trent’anni dalla promulgazione della Costituzione è doveroso ricordare quanto di essa è stato tralasciato, e quanto rimane da mettere in pratica. La questione delle minoranze linguistiche ο nazionali della Repubblica italiana è uno dei problemi trascurati ed insoluti.
Non è ammissibile quindi che un dettato costituzionale rimanga lettera morta, e non è ammissibile neppure che le minoranze della Repubblica, per cui vale la stessa Costituzione, con gli stessi principi uguali per tutti, vengano trattate in maniera diversa a seconda del luogo dove risiedono ο della lingua che parlano.
Nel presentare questo documento la sezione dell’AIDLCM ha tenuto presente tutto ciò, come ha tenuto presente la generale volontà di porre rimedio a tanti anni di ingiustizie usate nei confronti delle minoranze. Essa prende in considerazione le minoranze dell’ Italia nord-orientale, perché tale è la sua competenza. Ma si rende conto che potrà essere usata giustizia nei loro confronti solo quando la giustizia nei confronti delle minoranze sarà realizzata su tutto il territorio della Repubblica. Ed è tutta l’Europa e tutto il mondo che dovranno applicare questa giustizia, seguendo l’esempio di quegli stati che hanno concretamente fondato la loro esistenza anche sul rispetto e sulla promozione culturale, sociale, economica e politica delle loro minoranze nazionali. Il documento quindi, che si presenta diviso in articoli come si trattasse di una proposta di legge (e tale potrebbe essere), si propone da una parte di sottolineare il caso tedesco, sloveno e friulano di tutela, dall’altra di fornire un modello possibile per tutte le altre minoranze della Repubblica. Esso si espira al documento internazionale approvato dall’AIDLCM a Chatillon (AO) il 25 luglio 1976, che costituisce una specie di carta fondamentale di quella che dovrebbe essere la «posizione giuridica delle comunità nazionali dell’Europa. Inoltre sono state tenute presenti proposte di legge già presentate nelle precedenti legislature a favore di qualche minoranza linguistica della Repubblica, che sono state generalizzate. Si sono recepiti principi presenti nei pochi casi di legislazione in materia di minoranze in Italia, e non sono stati trascurati, esempi legislativi di altri stati che hanno affrontato adeguatamente questo problema. Ma soprattutto è stata messa a profitto la pluriennale esperienza di dibattiti e proposte, la conoscenza dei problemi delle minoranze lingui-stiche della Repubblica che l’AIDLCM ben conosce per aver promosso da tanto tempo incontri diretti con le popolazioni minoritarie.
E’ bene tener presente che la situazione delle minoranze linguistiche, pur avendo numerosi tratti comuni, tuttavia si differenzia in alcuni aspetti, quali la collocazione territoriale, il grado di alienazione linguistica, la situazione socio-economica delle loro popolazioni, l’inclusione amministrativa negli enti competenti sul loro territorio. Tutti questi aspetti costituiscono la loro concreta realtà, e di essi è necessario tener conto se si vuole ottenere per tutte il medesimo risultato, cioè la tutela prevista dalla Costituzione. La specificità dei vari casi è cioè il dato di fatto che si deve prendere in considerazione, ma non per ridurre i provvedimenti al mantenimento del dato di fatto, che è il risultato di una ingiustizia, ma per superarlo in direzione di un obiettivo comune per tutte le minoranze, indistintamente. Il principio costituzionale infatti è universale e l’obiettivo che esso implica non può essere diverso e discriminatorio: l’identità linguistica ed etnica delle minoranze nazionali della Re-pubblica deve trovare libera manifestazione, e questa libertà deve potersi valere di tutti gli strumenti legislativi ed istitutivi necessari per non rimanere vuota e formale.
Questo documento si presenta diviso in una parte generale, che comprende articoli comuni nei riguardi delle tre minoranze, ed in una parte specifica per ognuna di esse, in cui si contemplano le situazioni specifiche. Comunque anche nelle parti particolari si trovano concetti fondamentali comuni per tutte le minoranze.
Alcune osservazioni illustrative vanno fatte a proposito dei principi che costituiscono il fondamento del presente documento, con-formemente ai quali si sviluppano i vari articoli.
Una prima osservazione riguarda il principio che la tutela che si prevede non può essere una tutela di carattere individuale. La tutela riguarda prima di tutto la minoranza nella sua totalità, che acquista figura giuridica. Ed anche la Costituzione, ripetiamo, dice che «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche». I singoli individui godono della tutela in quanto membri, appartenenti alla minoranza.
E un corollario del principio per cui si deve tutelare la minoranza in quanto tale, è che le persone che intendano stabilirsi sul territorio da essa tradizionalmente abitato, hanno il dovere di conoscere e rispettare la lingua, la cultura, ed i diritti della minoranza stessa. Solo in questo modo esse non costituiranno uno strumento più ο meno volontario della sua snazionalizzazione; purtroppo la storia passata, recente ed attuale ci insegna che la colonizzazione è uno degli strumenti più efficaci di repressione dei diritti delle minoranze.
Le norme di tutela poi devono avere un ca-rattere obbligatorio, tranne che per alcuni casi particolari che devono essere esplicitamente indicati. Non è possibile pensare ad un godimento individuale e facoltativo della tutela, senza rendersi conto che in tal caso essa andrebbe ben presto vanificata a causa dei condizionamenti esterni che la minoranza ha subito e subisce nella sua diversità. Che uno possa scegliere di godere i diritti alla tutela entro il territorio della minoranza, ο farne a meno, è un principio solo apparentemente libertario. Esso si richiama ad una libertà formale, la cui alternativa si risolverebbe del resto nell’obbligo di accettare le norme che valgono per la nazionalità maggioritaria. Questo fatto poi sarebbe in contrasto col principio per cui deve garantire la tutela alla comunità minoritaria intesa in senso collettivo, e non individuale. La pseudo-libertà di scelta di cui si sta parlando è un modo come un altro per introdurre momenti di destabilizzazione dell’identità nazionale della minoranza dal suo interno.
L’articolo 2 espone in generale i diritti che dovrebbe garantire la legge, e gli articoli che seguono individuano le situazioni della vita sociale, culturale, politica e civile in cui quei diritti devono trovare applicazione. Di parti-colare importanza è poi l’art. 4 che parla delle condizioni economiche per cui è possibile garantire l’esistenza della minoranza, del diritto al lavoro sul territorio della stessa, dell’alterazione irreversibile del territorio come minaccia per l’esistenza della comunità.
Gli altri articoli comuni prendono in consi-derazione la comunità minoritaria in rapporto alle assemblee elettive (art. 5), all’esercizio delle attività commerciali ed industriali (art. 9), agli atti delle pubbliche autorità (art. 10) ed ai procedimenti giudiziari (art. 11), ed alla utenza dei pubblici uffici e servizi. Sono previsti i rapporti delle comunità linguistiche considerate con le parti delle medesime comunità linguistiche situate altrove ο in uno stato fuori della Repubblica italiana (sloveni e tedeschi) ο comunità affini, come le comunità ladine do-lomitiche e della Confederazione elvetica (nel caso dei friulani). E ciò nell’art. 6. Gli articoli 7 e 8 prevedono la tutela nell’ambito dell’antroponomastica e della toponomastica.
Nel Titolo li si introducono le «norme speciali per la minoranza linguistica tedesca», che risiede nel comune di Sappada nella provincia di Belluno, e nei comuni di Saris, Paluzza, Malborghetto-Valbruna e Tarvisio nella provincia di Udine.
Si ritiene fondamentale ai fini della tutela di dette comunità l’inserimento di esse nell’ambito della cultura tedesca della altre comunità tedesche in Italia e fuori dell’Italia. La valorizzazione della lingua di queste minoranze, della loro cultura, anche nelle loro peculiarità, non potrà che essere potenziata se si prevedono nell’ordinamento scolastico l’introduzione della lingua tedesca letteraria, della cultura della comunità tedesca nella sua generalità, e rapporti di scambio culturale con le Università della Repubblica dell’Austria.
Per la tutela della minoranza nazionale slovena sono state ormai presentate una decina di proposte di legge che la cattiva volontà politica ha fatto rimanere tali. Ma a differenza delle altre due minoranze prese in considerazione la minoranza slovena ha già due leggi repubblicane e alcune leggi regionali di tutela.
La legge 19 luglio 1961. n. 1012, sulla di-sciplina delle istituzioni scolastiche nella provincia di Gorizia e nel territorio di Trieste non è che il riconoscimento giuridico delle scuole esistenti nelle due province fin dal maggio 1945 ed è stata approvata dopo una gestazione di quasi sette anni. Benché intesa a garantire una certa tutela alla minoranza linguistica slovena secondo l’art. 6 della Costituzione, essa costituisce una vera violazione della Costituzione in quanto discrimina gli Sloveni della provincia di Udine negando loro quanto riconosce agli Sloveni delle altre due province. La legge 22 dicembre 1973, n. 932. con modificazioni ed integrazioni alla legge precedente, non ripara l’ingiustizia attuata con quella.
Pare che tuttora venga considerata valida l’enunciazione fatta da un illustre senatore in occasione del dibattito sulla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, secondo la quale nella provincia di Udine «non e-sistono minoranze di lingua slovena, ma soltanto gruppi di popolazioni di lingua italiana che usano, nelle relazioni familiari, un dialetto sloveno».
Le leggi regionali riguardano interventi settoriali e non garantiscono che una tutela molto precaria.
Permane quindi la necessità di avere un testo legislativo che affronti il problema della tutela in modo organico e globale. Tale provvedimento deve risolvere radicalmente tutti quei problemi che impediscono alla minoranza slovena nella provincia di Trieste dal 1961 al 1971 dimostra che il livello di tutela allora ed attualmente in atto in detta provincia non è sufficiente, mentre l’arretramento numerico della minoranza slovena nella provincia di Udine dimostra come si potrebbero vanificare anche i migliori provvedimenti di tutela se questi non riguardassero anche la vita economica e l’assetto territoriale della minoranza.
I provvedimenti specifici proposti per la minoranza slovena riguardano in primo luogo l’ordinamento scolastico. Il punto di partenza sono le due leggi repubblicane già citate.
Non basta però estendere queste leggi alla provincia di Udine, ma bisogna anche garantire la possibilità d’istruzione nella propria lingua materna in scuole di ogni ordine e grado. La mancanza di possibilità di cui sopra di fatto mutila la comunità e la pone in condizioni di netto svantaggio. Caratteristico per una politica in questo senso è il fatto che negli ultimi decenni in cui Trieste ha avuto un notevole sviluppo industriale si è sistematicamente negata l’istituzione di un istituto tecnico industriale con lingua d’insegnamento slovena.
Proprio per garantire l’adeguamento dell’or-dinamento scolastico alle reali necessità della comunità slovena si propone la creazione di organismi che garantiscano la piana autonomia della minoranza in questo campo. Per rendere più agevole il passaggio dall’insegnamento in italiano all’insegnamento nella lingua materna tra gli Sloveni della provincia di Udine si propone di rendere possibile per un periodo di cinque anni l’insegnamento bilingue sloveno-italiano da introdursi a seconda della situazione locale. Per quanto riguarda l’istruzione universitaria si prevede la cooperazione tra gli istituti universitari della Regione e quelli della Repubblica socialista di Slovenia in quanto è più che naturale che per esempio per l’insegnamento dello sloveno si dia precedenza a chi ha studiato lo sloveno in un’università slovena. Ma anche per le altre discipline è indispensabile garantire la possibilità di studiarle nella propria lingua materna e da ciò deriva la necessità di riconoscere l’equipollenza delle lauree e diplomi rilasciati dalle istituzioni universitarie della Repubblica socialista di Slovenia.
Anche per quanto riguarda la radio e la televisione si parte dalla situazione e dalla legislazione attuale garantendo la massima autonomia.
La minoranza nazionale friulana vive su un territorio compreso dalle province di Udine,
Gorizia, Pordenone e Venezia. Il mandamento di Portogruaro è stato aggiunto alla provincia di Venezia nella prima metà del secolo scorso.
Una distinzione fondamentale riguardante il territorio friulano va subito fatta. Alcune zone del territorio friulana, deve nei secoli passati si parlava friulano, sono state venetizzate. Vicende storiche legate quasi sempre alla sopraffazione economica da una parte ed alla subalternità politica dei friulani dall’ altra hanno portato a questa perdita della lingua. Ma perdite della lingua si verificano anche all’interno del territorio dove ancora oggi si usa abitualmente il friulano, e questo per la mancanza di ogni tipo di tutela. E’ necessario quindi considerare un territorio linguistico friulano, dove la lingua è usata ancora oggi, ο comunque è usata all’inizio del secolo ventesimo. Qui la coscienza linguistica e nazionale dei friulani non è andata persa. E dobbiamo considerare anche un territorio etnico friulano, che è quello linguistico e quello dove la lingua friulana si parlava, ma da tanto tempo non si parla più perché ha lasciato il posto ad una lingua egemone. Quindi il territorio etnico comprende anche quello linguistico, pur non coincidendo con esso.
La delimitazione del territorio linguistico e del territorio friulano è abbastanza agevole se si tiene conto dei numerosi studi che sono stati fatti sul friulano da più di un secolo a questa parte. Documenti importanti a questo fine sono anche il Censimento della popolazione del Regno d’Italia del 1° dicembre 1921. riguardante la cosiddetta Venezia Giulia che rileva i cittadini secondo la lingua d’uso, cioè l’italiano, il ladino, il serbo-croato e lo sloveno: e la ricerca del gruppo culturale Alpina di Bellinzona, «I quattro gruppi nazionali del Friuli-Venezia Giulia, italiani, friulani, sloveni e tedeschi», che basandosi sulle risposte date dalle amministrazioni comunali del Friuli-Venezia Giulia a domande che chiedevano fra l’altro la ripartizione degli abitanti secondo la lingua d’uso (friulano, sloveno, tedesco, italiano), è riuscita a dare utili indicazioni per la delimitazione dei territori linguistici.
La tutela deve essere obbligatoria e totale nel territorio linguistico friulano, ma va differenziata nel territorio etnico ma non linguistico friulano. Questo perché non è possibile pensare ad un recupero della situazione di tanto tempo fa senza tener conto degli effettivi cambiamenti che sono sopravvenuti nella cultura e nella lingua delle popolazioni che vi abitano. La specificità della tutela nel territorio etnico ma non linguistico friulano, sta dunque nel fatto che le popolazioni che vi abitano possono usufruire di determinati servizi, soprattutto a livello individuale e facoltativo. Qui è giusto introdurre criteri individuali e facoltativi. L’obbligatorietà può riguardare interventi limitati come la toponomastica, oppure qualche ora della settimana da dedicare nei programmi scolastici alla conoscenza della lingua e della cultura e della storia del Friuli. Si tiene presente così una qualche continuità nella provenienza etnica e culturale di queste popolazioni, che però da tanto tempo si trovano in situazioni linguistiche e culturali ai margini, anche se per certi aspetti in contatto, con quelle di lingua friulana. Tuttavia si lascia aperta la possibilità di votare in un eventuale futuro per l’inserimento dei Comuni etnicamente ma non linguisticamente friulani nel territorio dove si applica la tutela di primo grado.
Merita comunque ricordato che le genti di tutto il Friuli hanno manifestato attraverso i secoli un deciso attaccamento alle proprie istituzioni autonomistiche, come il Parlamento della Patria del Friuli od il Patriarcato di Aquileia, soppressi dalla potenze straniere che avevano occupato il Friuli. Ed è in questo secolo che si fanno sempre più insistenti le richieste di autonomia da parte dei friulani, e riprende una coscienza della friulanità. come identità nazionale di una comunità, sempre più decisa. Sono stati vivaci i dibattiti sull’unità ladina aperti dagli studi del goriziano Isaia Ascoli, e soprattutto quelle immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, quando i friulani, usciti dalla gloriosa lotta di Resistenza che qui si è combattuta, si aspettavano un concreto riconoscimento per la loro condizione di minoranza linguistica. Un’aspettativa che è stata profondamente delusa. Ora la coscienza dei friulani di appartenere ad una comunità tura, è notevolmente avanzata, e si vedono ovunque i risultati. E’ dunque ora di restituire ad essi quello che secoli di oppressione e d’ingiusta dimenticanza avevano tolto.
La scuola in particolare deve promuovere la più completa padronanza della lingua, e i programmi devono dedicare largo spazio alla conoscenza della storia e della cultura del Friuli. Attraverso la scuola sarà possibile non solo recuperare all’uso della lingua friulana quei bambini e quei giovani che per ragioni di condizionamento sociale l’avevano abbandonata. Si potrà anche riparare agli assurdi di uno storpio bilinguismo nelle famiglie friulane, per cui succede che ai figli i genitori insegnano a parlare l’italiano, lingua che comunque e facilmente i fanciulli potrebbero imparare a scuola, mentre fra di loro in famiglia parlano il friulano. Così facendo le giovani generazioni crescono con la convinzione che la lingua dei loro padri sia un segno di inferiorità sociale, di cui bisogna al più presto sbarazzarsi; così continuando, fra qualche decina d’anni, il genocidio bianco di questo popolo sarebbe compiuto. A scuola l’insegnamento del friulano ed in friulano avrà la stessa importanza e lo stesso numero di ore della lingua ufficiale dello Stato. Così sarà possibile recuperare non solo una lingua come tale, ma anche potenziare le sue possibilità espressive, che attualmente risultano gravemente limitate a causa della situazione di subalternità in cui si trova.
Nelle zone del territorio etnico ma non linguistico friulano si possono introdurre due ore settimanali per lo studio del friulano e della cultura friulana; e lasciare ai Consigli di Istituto la facoltà di richiedere l’insegnamento in vigore sul territorio linguistico.
Per gli immigrati in Friuli, provenienti da zone non appartenenti al territorio etnico friulano, e la cui permanenza assuma carattere di provvisorietà, sono a disposizione scuole in lingua italiana, di cui possono usare su richiesta dei genitori. Lo studio della situazione friulana, il coordinamento degli interventi di tutela linguistica e culturale, devono trovare un valido punto di appoggio nell’istituenda Università friulana, che deve assolvere anche a queste funzioni specifiche se vuole essere veramente un istituto a servizio del popolo che da tanti anni la reclama, e che nell’anno del terremoto del Friuli ha apposto 125.000 firme alla proposta di legge che ne richiedeva l’istituzione.
PER LA TUTELA DELLE MINORANZE LINGUISTICHE DELL’ITALIA NORDORIENTALE
TEDESCA SLOVENA E FRIULANA
TITOLO I
NORME GENERALI
Articolo 1
Sono tutelate a norma del’articolo 6 della Costituzione le minoranze linguistiche tedesca delle province di Belluno e Udine, slovena delle province di Gorizia, Trieste e Udine e quella friulana delle province di Gorizia. Pordenone. Udine e Venezia.
Articolo 2
Alle minoranze linguistiche di cui all’articolo precedente sono garantiti nell’ambito del ter-ritorio da loro tradizionalmente abitato i se-guenti diritti:
a) pari dignità sociale della loro lingua rispetto a quella italiana:
b) l’insegnamento della loro lingua e nella loro lingua;
c) l’uso della loro lingua nell’esercizio dei propri diritti e nell’adempimento dei propri doveri, nei procedimenti innanzi agli organi statali, compresi gli enti parastatali, agli enti locali, ai servizi sociali, ai concessionari di servizi d’interesse pubblico, nella toponomastica e nella onomastica:
d) lo sviluppo della cultura, della stampa e dei mezzi di comunicazione di massa nella loro lingua;
e) l’aiuto finanziario pubblico per la realizzazione del diritti di cui ai punti precedenti.
Articolo 3
Nei tenitori tradizionalmente abitati dalle minoranze di cui all’articolo 1 le rispettive lingue sono parificate a quelle italiana, lingua ufficiale dello stato.
Articolo 4
Al fine di rendere operante la tutela di cui all’articolo 2 la Repubblica assicura alle minoranze linguistiche di cui all’art. 1 il lavoro entro il territorio da loro tradizionalmente abitato.
Allo stesso fine la Repubblica impedisce che lo sviluppo economico dei territori predetti abbia come conseguenza la sommersione linguistica della comunità minoritaria. La Repubblica impedisce altresì che interventi urbanistici nei territori predetti abbiano come conseguenza la sommersione linguistica della comunità minoritaria. Nei casi di espropriazioni per accertate esigenze di pubblica utilità la Repubblica garantisce tanto ai singoli quanto alle comunità minoritarie l’equo corrispettivo per l’Indebolimento economico che ne deriva. Gli appartenenti alle minoranze linguistiche di cut all’art. 1 dipendenti dall’amministrazione pubblica, compresi gli enti parastatali, e dai concessionari di servizi di pubblico interesse non possono essere trasferiti senza il loro consenso fuori dal territorio tradizionalmente abitato dalla rispettiva minoranza. Nel territori tradizionalmente abitati dalle minoranze di cui all’art. 1 si acquista il diritto elettorale attivo dopo quattro anni di ininterrotta residenza nel territorio regionale.
Articolo 5
Le minoranze linguistiche di cui all’art. 1 hanno diritto alla rappresentanza proporzionata alla loro consistenza numerica in tutte quelle assemblee elettive ed organi collegiali nel lo stato entro i cui territori di competenza vivono e in quelle internazionali. Quando la consistenza numerica della minoranza linguistica è insufficiente per garantire la rappresentanza della stessa nelle assemblee e negli organi di cui al comma precedente le leggi elettorali saranno modificate in modo tale da garantire comunque alla minoranza linguistica l’elezione di un rappresentante.
Nelle assemblee e negli organi collegiali di cui ai commi precedenti i membri degli stessi appartenenti alle minoranze linguistiche hanno il diritto all’uso della propria lingua, alla verbalizzazione dei loro Interventi nella stessa lingua e a risposte nella stessa lingua.
Articolo 6
La Repubblica e le Regioni di cui all’art. 1 della presente legge sostengono lo sviluppo dei rapporti fra le minoranze linguistiche tedesca e rispettivamente slovena con le relative nazioni madre ai fini dell’arricchimento dello sviluppo culturale e linguistico delle minoranze stesse.
La Repubblica e le Regioni di cui all’art. 1 della presente legge sostengono lo sviluppo dei rapporti fra la minoranza linguistica friulana e la minoranza linguistica ladina delle province di Belluno, Bolzano e Trento nonché tra la minoranza linguistica friulana e I Romanci della Confederazione elvetica.
Articolo 7
E’ abrogato il R.D. 7 aprile 1927. n. 494. Gli appartenenti alle minoranze linguistiche di cui all’art. 1 che portano un cognome italianizzato in qualsiasi epoca e modo possono ottenere il ripristino dello stesso nella forma storica ο usuale nella propria lingua. Gli appartenenti alle minoranze linguistiche di cui all’ art. 1 che portano un nome italiano ο in forma italiana possono ottenere la sostituzione dello stesso con un nome nella propria lingua ο il cambiamento dello stesso nella forma della propria lingua.
I provvedimenti di cui ai commi precedenti si ottengono con la procedura prevista dagli articoli 167 e seguenti del R.D.L. 9 luglio 1939. n. 1.238. sull’ordinamento dello stato civile. Le domande vengono evase entro 30 giorni dalla presentazione. Il provvedimento in sè come pure i conseguenti procedimenti per il cambiamento del cognome ο del nome in altri documenti e registri pubblici sono esenti da ogni spesa, tassa ed imposta.
Articolo 8
E’ abrogato il R.D. 29 marzo 1929. n. 800. Entro cinque anni dall’entrata in vigore della presente legge gli organi competenti in materia di toponomastica provvederanno alla revisione della toponomastica nei territori di cui all’art. 1 della presente legge secondo i seguenti criteri:
a) rimangono in uso i toponimi in italiano anteriori al 1866 e quelli adottati su richiesta dei competenti organi degli enti locali dal 1945 in poi;
b) si accertano i toponimi tedeschi, sloveni e friulani attualmente in uso ufficiale in forma italianizzata nella grafia e si riducono nella grafia delle rispettive lingue;
c) si accertano e introducono nell’uso ufficiale i toponimi tedeschi, sloveni e friulani per tutte le località esistenti nei territori tradizionalmente abitati dalle rispettive minoranze linguistiche;
d) nei casi in cui non esista il toponimo italiano secondo il punto a) si ha l’uso ufficiale esclusivo dei toponimo nella lingua della minoranza linguistica ο delle minoranze linguistiche; nei casi in cui tale toponimo esiste esso aggiunge al toponimo nella lingua della minoranza linguistica;
e) nei casi in cui nella stessa località coesistano due minoranze linguistiche si ha l’uso ufficiale congiunto dei due toponimi con precedenza per la lingua maggioritaria nella località all’inizio del XX secolo; nei casi in cui esiste anche il toponimo italiano secondo il punto a) esso si aggiunge ai toponimi nelle lingue delle minoranze.
I criteri di cui al precedente comma si appli-cano nelle pubblicazioni ufficiali, comprese le pubblicazioni dell’Istituto geografico militare: e nella segnaletica stradale e turistica. Nella corrispondenza e negli atti delle pubbliche autorità e dei concessionari di servizi di pubblico interesse emessi in più lingue si usa il toponimo nella lingua del testo ο del destinatario.
Entro cinque anni dall’entrata in vigore della presente legge gli organi competenti prov-vederanno all’accertamento delle forme te-desche, slovene e friulane dei nomi dei centri amministrativi che pur essendo situati fuori territori tradizionalmente abitati dalle rispettive minoranze sono legati alla vita quotidiana delle stesse e le introdurranno nell’uso ufficiale nella corrispondenza e negli atti delle pubbliche autorità e dei concessionari di servizi di pubblico interesse.
Nella corrispondenza privata è libero l’uso separato dei toponimi nelle singole lingue.
Articolo 9
Entro il territorio tradizionalmente abitato dalle minoranze linguistiche tedesca, slovena e friulana l’uso della rispettiva lingua è pienamente libero nell’esercizio delle attività commerciali ed industriali, nelle insegne, nei marchi delle offerte al pubblico ed in ogni altra indicazione anche obbligatoria per chi eserciti il commercio ο l’industria, salva l’obbligatorietà dell’Indicazione anche in italiano della qualità e composizione dei singoli prodotti quando essi sono destinati al mercato interno.
Quando si tratta di scritte in italiano e nella lingua della minoranza linguistica l’eventuale imposta viene corrisposta soltanto per la scritta in una delle due lingue.
Articolo 10
Gli atti della pubblica amministrazione, e degli enti di dovuto pubblico e dei concessionari di servizi di pubblico interesse destinati alla generalità dei cittadini residenti nel territorio tradizionalmente abitato dalle minoranze linguistiche di cui all’art. 1 e gli atti individuali destinati all’uso pubblico intitolati ai cittadini residenti nel territorio di cui sopra devono essere redatti oltre che in italiano anche nella lingua della rispettiva minoranza linguistica.
I moduli destinati alla generalità dei cittadini residenti nel territorio tradizionalmente abitato dalle minoranze linguistiche e i fac-simili di domande devono essere redatti oltre che in italiano anche nella lingua della rispettiva minoranza.
La norma di cui ai comma precedente si applica anche agli uffici siti fuori dal territorio tradizionalmente abitato dalle minoranze lin-guistiche ma competenti per detto territorio.
Articolo 11
L’autorità giudiziaria competente per il territorio tradizionalmente abitato dalle minoranze linguistiche ha l’obbligo di esaminare ed interrogare gli appartenenti alle rispettive minoranze linguistiche nella loro lingua.
Il procedimento giudiziario cui partecipa una sola parte appartenente alla minoranza linguistica si svolge nella lingua della parte. La sentenza viene emessa nella stessa lingua.
Il procedimento giudiziario cui partecipano più parti, di cui una appartenente alla minoranza linguistica, si svolge nella lingua italiana e nella lingua della parte appartenente alla minoranza linguistica. La sentenza viene emessa nelle due lingue.
Articolo 12
La Repubblica, le Regioni e le Provincie di cui all’art. 1 sostengono l’attività delle organizzazioni ed associazioni, enti ed istituzioni che contribuiscano alla conservazione ed allo sviluppo della lingua e cultura delle minoranze linguistiche.
La Repubblica, le Regioni e le Provincie di cui all’art. 1 promuovono la costituzione di enti ed istituzioni per la conservazione e lo sviluppo del patrimonio linguistico e culturale delle minoranze linguistiche, quali possono essere i teatri, biblioteche, musei ed istituti di ricerca, quando tali enti ed istituzioni non esistono, e ne assumono l’onere finanziario, nei casi in cui tali enti ed istituzioni già esistono.
Articolo 13
Negli uffici dell’amministrazione statale, degli enti parastatali, degli enti locali, dei servizi sociali e dei concessionari di servizi di pubblico interesse situati nel territorio tradizionalmente abitato dalle minoranze linguistiche il personale di ogni ordine e grado deve appartenere alle rispettive minoranze linguistiche in misura proporzionale alla consistenza delle minoranze stesse.
Negli uffici di cui al comma precedente deve essere comunque impiegato tale numero di personale che possiede le lingue delle minoranze linguistiche da garantire pronto ed effettivo godimento del diritto all’uso della propria lingua stabilito dalla presente legge.
Le norme di cui ai commi precedenti si applicano anche agli uffici che pur essendo situati fuori dal territorio tradizionalmente abitato dalle minoranze linguistiche hanno competenza su detto territorio.
Gli uffici di cui ai commi precedenti si serviranno di insegne, scritte, timbri, sigilli in lingua italiana e nella lingua della minoranza linguistica ο delle minoranze linguistiche con caratteri ugualmente appariscenti.
Articolo 14
Gli appartenenti alle minoranze linguistiche di cui all’art. 1 hanno diritto di usare la loro lingua nei rapporti cogli uffici giudiziari, con gli organi e uffici della pubblica amministrazione, degli enti parastatali, dei servizi sociali e dei concessionari dei servizi di pubblico interesse situati nei territori tradizionalmente abitati dalle minoranze stesse.
Gli appartenenti alle minoranze linguistiche di cui all’art. 1 hanno altresì diritto di usare la loro lingua nei rapporti con gli organi e gli uffici di cui al comma precedente quando questi non sono situati nei territori tradizionalmente abitati dalle minoranze stesse, se essi sono competenti per i territori in questione.
Gli uffici, gli organi e i concessionari di cui al primo comma del presente articolo usano nella corrispondenza e nei rapporti orali la lingua del richiedente e rispondono nella lingua in cui gli atti sono stati avviati da altro organo ο ufficio; ove sia avviata d’ufficio, la corrispondenza si inizia nella lingua presunta del cittadino cui è destinata, oppure in forma bilingue. Una volta accertata la lingua del destinatario la corrispondenza prosegue in questa lingua.
Articolo 15
Le minoranze linguistiche di cui all’art. 1 hanno il diritto ad usare, senza limitazione alcuna, la propria bandiera e gli altri emblemi della propria comunità linguistica.
TITOLO II
NORME SPECIALI PER LA MINORANZA LINGUISTICA TEDESCA
Articolo 16
La minoranza di lingua tedesca di cui all’art. 1 della presente legge risiede nel comune di Sappada nella provincia di Belluno e nei comuni di Sauris, Paluzza, Pontebba, Malborghetto-Valbruna e Tarvisio nella provincia di Udine.
Articolo 17
Nei comuni di cui all’articolo precedente si istituiscono scuole materne e scuole dell’ obbligo con lingua d’insegnamento tedesca. Nelle scuole dell’obbligo è obbligatorio l’insegnamento della lingua italiana per un numero di ore settimanali non superiore a quello delle ore destinate all’insegnamento della lingua tedesca.
Per chi desidera proseguire gli studi superiori della lingua tedesca vengono istituite le scuole corrispondenti oppure viene inviato, a spese dello stato, a studiare nelle corrispondenti scuole della provincia di Bolzano ο della Repubblica dell’Austria.
Chi prosegue gli studi universitari negli istituti universitari dell’Austria gode per quanto riguarda il servizio militare, per il presalario e le borse di studio degli stessi diritti di chi prosegue tali studi in Italia.
Articolo 18
Le scuole di cui all’articolo precedente, comma primo, fanno capo al distretto scolastico tedesco della regione Friuli-Venezia Giulia. A sovrintendere alle scuole di cui al comma precedente il Ministero della Pubblica istruzione nomina un intendente scolastico scelto da una terna proposta dal consiglio del distretto scolastico tedesco nella regione Friuli-Venezia Giulia.
L’intendente di cui al comma precedente ed il personale direttivo, docente e non docente delle scuole di cui al primo comma appartiene alla minoranza linguistica tedesca.
Art. 19
All’Università friulana è demandato il compito di provvedere alla formazione del personale docente per le scuole di cui al primo comma dell’art. 16.
Tale compito può essere assolto anche in cooperazione con istituzioni universitarie della Repubblica dell’Austria.
Art. 20
L’equipollenza dei diplomi e delle lauree è regolata dall’accordo italo-austriaco del 14 marzo 1952, reso esecutivo con la legge 9 agosto 1954. n. 844.
Art. 21
Alla minoranza linguistica tedesca di cui all’ art. 16 è garantita la ricezione dei programmi radiofonici e televisivi in lingua tedesca emessi in provincia di Bolzano e di quelli emessi dalla radoitelevisione della Repubblica dell’Austria.
E’ altresì garantita l’emissione di notiziari radiofonici, riguardanti gli avvenimenti locali e regionali, nonché di trasmissioni sull’ attività culturale della minoranza stessa.
TITOLO III
NORME SPECIALI PER LA MINORANZA LINGUISTICA SLOVENA
Articolo 22
La delimitazione del territorio tradizionalmente abitato dalla minoranza linguistica slovena viene demandata, giusta l’art. 24 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, al Consiglio regionale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e si compie con la seguente procedura:
a) il Consiglio regionale elegge entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, con voto limitato, una commissione di dieci esperti di linguistica, storia ed etnologia slovena:
b) entro i successivi 120 giorni la commissione elabora in base alla documentazione statistica anteriore al 1918 ed in base a tutta la documentazione scientifica la proposta di delimitazione che viene pubblicata entro 30 giorni nel Bollettino ufficiale della Regione ed affissa agli albi comunali dei comuni integralmente ο parzialmente abitato dalla minoranza linguistica slovena nonché di quelli limitrofi:
c) contro l’esclusione dal territorio tradizionalmente abitato dalla minoranza linguistica slovena è ammesso ricorso al Consiglio regionale entro il termine di 60 giorni;
d) il Consiglio regionale approva entro i successivi 30 giorni la proposta, tenuto debito conto dei ricorsi;
e) l’approvazione è valida se nella maggioranza dei voti favorevoli è compresa la maggioranza dei voti dei consiglieri di lingua slovena.
L’inclusione nel territorio tradizionalmente abitato dalia minoranza linguistica slovena è attuata per paese ο lo stesso paese può essere incluso nel territorio tradizionalmente abitato da due ο più minoranze linguistiche.
Articolo 23
Le norme della legge 19 luglio 1961, n. 1012. e successive modifiche ed integrazioni sono estese alla provincia di Udine.
Nei comuni inclusi integralmente ο parzialmente nel territorio tradizionalmente abitato dalla minoranza linguistica slovena sono istituite scuole materne e scuole dell’obbligo con lingua d’insegnamento slovena.
Quando motivi di ordine didattico consigliano l’aggregazione degli alunni di lingua slovena alla scuola d’obbligo di un comune vicino è garantito il regolare e gratuito trasporto degli alunni.
In ciascuna delle tre province è garantito il pieno arco dell’istruzione secondaria supe-riore.
In ciascuna delle tre province è garantita I’ istruzione professionale.
Chi prosegue gli studi universitari negli istituti universitari della Repubblica socialista di Slovenia gode per quanto riguarda il servizio militare, il presalario e le borse di studio degli stessi diritti di chi prosegue tali studi in Italia.
L’equipollenza delle lauree e diplomi conseguiti dagli appartenenti alla minoranza linguistica della Repubblica socialista di Slovenia è stabilita con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro della Pubblica istruzione sentito il parere vincolante del Consiglio generale delle scuole slovene.
Articolo 24
Le scuole di cui all’articolo precedente fanno capo a distretti scolastici sloveni delle rispettive province formanti a norma dell’art. 11 del DPR. 31 maggio 1974. n. 416. I membri designati dei consigli sono scelti tra gli appartenenti alla minoranza stessa.
Al fine di coordinare l’attività dei tre consigli scolastici distrettuali sloveni viene istituito il Consìglio generale delle scuole slovene nella Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia cui compete:
1. di esprimere, anche di propria iniziativa,
pareri obbligatori e vincolanti
a) sull’istituzione e soppressione di scuole;
b) sui programmi d’insegnamento e d’esame e sugli orari;
c) sulle materie d’insegnamento e sul loro raggruppamento;
d) sui problemi riguardanti il personale insegnante, direttivo ed amministrativo addetto alle scuole slovene;
2. di nominare la commissione che approva I libri di testo di cui all’art. 8 della legge 22 dicembre 1973, n. 932;
3. di formare la terna dalla quale il Ministero della pubblica istruzione sceglie l’intendente per le scuole slovene della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia di cui al successivo art. 25.
Per quanto riguarda i programmi d’insegnamento e d’esame il consiglio generale delle scuole slovene deve raggiungere l’accordo del Consiglio nazionale della pubblica istruzione ai fini dell’equipollenza dei diplomi finali.
Il Consiglio generale delle scuole slovene nella Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia è composta da:
a) un preside di scuola secondaria di secondo grado, un preside di scuola media, un direttore didattico, un insegnante di grado preparatorio, elementare, medio e secondario di secondo grado per ciascuna delle tre province eletti dagli appartenenti alle rispettive componenti del personale scolastico;
b) tre cittadini italiani di lingua slovena de-signati da ciascuno dei tre consigli provinciali con voto limitato;
c) dal intendente per le scuole slovene nella Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, di cui al successivo art. 25.
Il Consiglio generale delle scuole slovene dura in carica per tre anni scolastici.
Articolo 25
A sovraintendere alle scuole di cui all’art. 23 il Ministero della pubblica istruzione nomina un intendente per le scuole slovene nella Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia scelto da una terna formata dal Consiglio generale delle scuole slovene. L’intendente per le scuole slovene dipende direttamente dal Ministro della pubblica istruzione ed ha le seguenti funzioni:
a) svolge le funzioni di provveditore agli studi per le questioni specifiche e interne delle scuole con lingua d’insegnamento slovena;
b) cura il coordinamento con i provveditori agli studi e con il sovraintendente scolastico regionale per le questioni comuni con le scuole con altra lingua d’insegnamento;
c) nomina, su autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione, i presidenti e i membri delle commissioni per gli esami di stato nelle scuole di lingua slovena;
d) gestisce il fondo annuo di cui all’art. 8 della legge 22 dicembre 1973, n. 932.
L’ufficio dell’intendente per le scuole slovene si articola in tre sezioni distaccate presso i provveditorati agli studi delle tre province in questione.
La lingua ufficiale dell’intendente, e del suo ufficio, nei rapporti con le scuole cui sovra-intende, con gli appartenenti alla minoranza linguistica slovena e con gli uffici di cui all’ art. 13 è quella slovena.
Articolo 33
All’Università friulana è demandato il compito di provvedere alla formazione del personale docente per le scuole di cui all’articolo precedente.
Presso l’Università friulana debbono essere istituiti corsi e cattedre di Lingua e letteratura friulana. Storia friulana. Storia della cultura e tradizioni popolari friulane e la didattica nelle scuole bilingui, coordinati in un dipartimento di friulanistica.
Per ogni facoltà e corso di detta Università deve essere assicurato agli studenti provenienti dal territorio tradizionalmente abitato dalla minoranza linguistica friulana la possibilità di sostenere gli esami valendosi della lingua friulana. Durante le lezioni è consentito l’uso del bilinguismo.
Art. 34
Ai nuclei di appartenenti alla minoranza lin-guistica friulana emigrati per motivi di lavoro fuori dal territorio linguistico friulano nei centri amministrativi ed industriali della regione, nella Valcanale ο all’estero sono garantite la scuola materna e la scuola dell’obbligo previste dal primo comma dell’art. 31 della presente legge.
Articolo 35
Agli appartenenti alla minoranza linguistica friulana è garantito il diritto di essere informati nella lingua friulana degli avvenimenti in patria e nel mondo che rivestono importanza per la loro esistenza, per la loro cultura e per il loro lavoro, nonché delle questioni di interesse per la loro comunità linguistica.
La Repubblica e le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto garantiscono alla minoranza lin-guistica friulana le trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua friulana. Alle emittenti radiofonica e televisiva è garantita l’autonomia di programmazione.
La Repubblica e le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto sostengono l’attività editoriale della minoranza linguistica friulana per quanto riguarda la pubblicazione di libri e di stampa periodica di carattere culturale, artistico, scientifico, educativo, scolastico e politico.
TITOLO V
NORME TRANSITORIE
Articolo 36
Agli appartenenti alle minoranze linguistiche di cui all’art. 1 emigrati fuori dal territorio tradizionalmente abitato dalle stesse per motivi di lavoro la Repubblica e le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto agevolano con interventi finanziari e fiscali il ritorno nella zona di provenienza.
Articolo 37
Nelle scuole di cui all’art. 17 può essere introdotto nei primi cinque anni dall’entrata in vigore della presente legge l’insegnamento bilingue tedesco-italiano che avviene con criteri di assoluta parità per ogni materia ed attività. La decisione spetta al consiglio di interclasse ο d’istituto e viene presa di anno in anno.
Articolo 38
Nelle scuole con lingua d’insegnamento slovena istituite in base alla presente legge nella provincia di Udine può essere introdotto nei primi cinque anni dall’entrata in vigore della presente legge l’insegnamento bilingue sloveno-italiano che avviene con criteri di assoluta parità per ogni materia ed attività. La decisione spetta al consiglio di interclasse ο d’istituto e viene presa di anno in anno.
Articolo 39
L’insegnamento bilingue friulano-italiano previsto dall’art. 31 della presente legge viene introdotto con criterio di gradualità e raggiunge l’assoluta parità delle due lingue per ogni materia ed attività dopo cinque anni dall’entrata in vigore della presente legge.
Articolo 40
Le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto istituiscono d’intesa con i sovrintendenti scolastici regionali dei corsi per la preparazione degli insegnanti per l’insegnamento di, cui agli articoli 37, 38 e 39 della presente legge.